Twitter, se Elon Musk porterà pure pure i social nello spazio

Perciò alla fine l’affare è andato in porto: per circa 44 miliardi di dollari Elon Musk si accaparrerà Twitter. Non entro nel merito dell’avvicendamento, su come insomma è stata condotta la trattativa e quali saranno gli step successivi a livello di procedura. Economicamente leggo una cifra a nove zeri e a quello tocca fermarmi. Cerco nondimeno di stare attento a come va evolvendosi da un altro punto di vista la vicenda, l’unico su cui riuscirei a farmi un’idea, forse perché, a conti fatti, è l’unico che trovi rilevante.

Proprio su Twitter, da qualche tempo a questa parte, prendo atto di come Musk sia di fatto diventato uno dei beniamini di una non meglio precisata Destra Globale™ — per intenderci, quella ostile alla cosiddetta woke culture, a cui il capo di Tesla non risparmia da tempo frecciatine e trollate, per la gioia chi oramai le istanze di questa parte non le può più soffrire, e l’indignazione di chi agogna l’avvento dell’Uomo Nuovo, indistinto, fluido, al di sopra di logiche e convenzioni che, a loro dire, lo avrebbero depotenziato da svariati secoli a questa parte.

C’è una teoria che vado proponendo a qualche amico da un po’ di tempo a questa parte. Francamente sono abbastanza persuaso non sia mia, eppure l’ho fatta mia, se non altro adattandola al mio di schema — dove l’aggettivo possessivo, di nuovo, non sta a indicare il frutto esclusivo del mio ragionare bensì qualcosa che in qualche modo si confà a come il sottoscritto tende a leggere questa complessa realtà. La teoria in questione è quella dell’alternanza. L’idea mi deriva da un principio al quale fin qui non son riuscito a derogare, ossia che il Potere, sia in termini filosofici che pratici, è sempre e soltanto uno.

Tale idea, ancorché in larga parte fraintesa, è per lo più osteggiata e la sua svalutazione passa attraverso la canalizzazione del dissenso appioppato ai cosiddetti complottisti, tra i pariah più emblematici dell’epoca che stiamo vivendo. Sotto tale cappello ci si fa entrare di tutto, a tal punto che le radici di ogni discorso che sia possibile condurre già in premessa sono così avvelenate da non consentire di gettare una maggiore luce su ciò a cui rimandano. Ora paranoico, ora cazzaro, quasi sempre ignorante, il complottista crede a tutti fuorché alla cosiddetta versione ufficiale. ‘Sta gente la si prendeva per il culo già negli anni ’80, quando in certi film americani mainstream c’era non di rado il tizio che viveva isolato, magari dentro a una roulotte, coi suoi satelliti e le sue frequenze radio fricchettone, costruendo trame che, al netto della loro assurdità, finivano quasi sempre per rivelarsi veritiere. Gli altri li trattavano da matti, senonché proprio il pazzo era colui che si era più avvicinato alla verità.

Ora, lungi da me proporre un parallelo esatto. Parliamo di macchiette, esasperazioni che servivano proprio ad apporre su questi profili una targa, tanto che il fatto che alla fine potessero magari avere ragione non significava alcunché: chi, per amor di Verità, rischierebbe infatti di vivere ai margini, senza comfort di alcun genere, solo come un pazzo, zero svaghi, zero di tutto, impossibilitato a godere anche solo parzialmente di tutto ciò che la Società del Consumo ha da offrire, un superfluo che vale molto più del necessario? Tanto il redde rationem in certi racconti da piccolo e grande schermo ha avuto funzione catartica tutt’al più, servendo di fatto a sublimarne la sua assenza nel Reale, nel quotidiano, privato di quella resa dei conti costantemente rinviata, per cui, alla lunga, percepita come non più esistente.

Dopo due anni di pandemia la categoria si è allargata: per alcuni solo numericamente, per altri pure qualitativamente. Da una parte si guarda con radicale sospetto a questa massa di persone disposte a credere alla possibilità che esista una cabina di regia che controlli ogni singolo aspetto dell’esistenza, dall’altra si allude a un risveglio imminente, già verificatosi per via di una diffusa consapevolezza su certe dinamiche. Non sono esenti da difetti entrambi gli schieramenti: così come infatti denota ignoranza l’escludere a priori che fino a un certo punto qualcuno abbia concretamente la possibilità d’incanalare gli eventi della Storia, non meno arrogante e limitata può rivelarsi la posizione di chi sostiene di aver capito non solo il cosa, il come ma soprattutto il chi — roba a cui, francamente, ritengo nemmeno alcuni politici ai più alti livelli spesso e volentieri abbiano accesso.

Tornando nel merito, se io sviluppassi l’argomento lungo un piano filosofico, l’unica considerazione sensata (o di cui se non altro saprei dare una seppur vaga spiegazione; insomma, saprei difendermi) che sarei in grado di offrire è che non si dà mai, in nessun caso, alcun vuoto di Potere. Il Potere è sempre nella disposizione di qualcuno, che lo esercita a propria discrezione secondo un piano o una serie di obiettivi che si è prefissato, oppure praticandolo in maniera più istintiva, facendo quasi esclusivamente leva sull’aspetto distruttivo e prevaricatore che lo contraddistingue a priori (il Potere per il Potere non è d’altra parte fattispecie estranea alla Storia, anzi).

In questa fase, tuttavia, sono alquanto persuaso circa l’esistenza di una convergenza all’apice della piramide. Quando anni fa mi sono posto con maggiore urgenza il problema del Potere, di chi lo detiene e per conto di chi, ho bazzicato un ventaglio di risposte le più disparate. Alcune oggettivamente fantasiose, altre più verosimili, pressoché tutte non verificabili. Scrivo «pressoché tutte», ma in realtà, al punto in cui siamo, temo che se avessi tra le mani dei documenti che attestassero in maniera inequivocabile che il tizio tal de’ tali fosse colui che muove tutti i fili, tenderei a diffidarne. Come scrissi tempo addietro, oggi siamo dei novelli San Tommaso che funzionano però al contrario: più vediamo, meno crediamo.

Capoverso dopo capoverso mi avvicino alla mia lettura, a come interpreto questa dinamica in alto. Dove starebbe l’alternanza? Se avessi infatti già contrariato il lettore con quanto fin qui evidenziato, ebbene, quest’ultimo attenda di leggere ciò che segue, ossia che, come si dice in qualunque conversazione tra persone che contano nulla, non esiste più Destra né Sinistra. Non ho intenzione di dilungarmi sulla faccenda; qui mi limito a sottolineare che i due schieramenti potrebbero pure presentare visioni del mondo ancora differenti, antitetiche persino, senonché su certi temi, spesso i più determinanti, pervengono a conclusioni sorpendentemente simili, sebbene mediante riflessioni condotte in maniera diversa. Non essendo Matematica, peraltro, non deve stupire che svolgere una data operazione in maniera diversa possa alla fine condurre al medesimo risultato.

Che si stia sperimentando un momento di profonda confusione, una crisi dinanzi alla quale è comprensibile nutrire non poca paura per gli esiti a cui nel medio periodo potrebbe condurre, lo conferma la dissonza cognitiva che preclude a non pochi la possibilità di cogliere certe falle. Per stare all’attualità, vediamo pseudopacifisti celebrare la Guerra come unica soluzione al conflitto in Ucraina, glissando sull’indirizzo ideologico di Azov, dopo avere per decenni messo in guardia dal sempre imminente ritorno di quell’infame stagione che fu; personaggi che si sono fregiati del suffisso anti- per definire sé stessi nell’accezione più intima e profonda, salvo poi non fare un plissé allorché uno dei tanti gazzettieri pubblica su una testata a tiratura nazionale un articolo in cui ci viene illustrata la verità sulla svastica, l’origine indoeuropea e puttanate simili — un altro po’ e qualcuno dirà che la lingua ufficiale del controverso Battaglione è il sanscrito.

Come spesso accade, sto divagando. Il punto è che tra quelle che in maniera sbrigativa definisco Sinistra Globale™ e Destra Globale™ vedo una continuità. Cambiano i modi, forse apparentemente persino le intenzioni, ma è come se di fatto tendessero agli stessi obiettivi. Non si tratta semplicemente di aspirare entrambi a colmare quel vuoto che, come osservato, non può esistere, ossia il Potere. È troppo semplicistico asserire che ciascuna delle due voglia imporsi sull’altra, perché questo è l’unico modo che ha per non morire, conseguendo quanto si prefigge. La mia idea è che queste due parti altro non rappresentino che due vie per giungere allo stesso risultato. Tale punto comporta svariati scenari, non uno solo; ciò che sorprende è che, osservati dalla distanza in cui mi trovo, questi scenari mi sembrano quasi perfettamente sovrapponibili.

Fin qui non ho mai pensato di scrivere qualcosa a riguardo, sia perché, come si può appurare, io stesso non ho ben chiaro il tutto, sia perché illustrare anche solo in maniera approssimativa la sovrapposizione di cui sopra mi è sempre parsa un’impresa. Leggendo tuttavia la lettera pubblicata da Elon Musk su Twitter, mi accorgo di un passaggio che mi colpisce: «authenticating all humans», autenticare tutti gli umani. L’espressione giunge a corredo di una serie d’interventi che Musk intenderebbe apportare alla sua nuova proprietà, quasi fosse la meno importante. Adesso, immaginate un utente a trazione destrorsa, che ora come ora gongola per via di questo passaggio di testimone, se a dire una cosa del genere fosse stato un personaggio pubblico definito «de sinistra».

Dopo due anni di menate sull’identità digitale, sulla schedatura su larga scala, fattispecie realistiche che portano in dote non poche criticità, alcune delle quali davvero terrificanti, oggi c’è chi guarda a Musk come a una sorta di liberatore, il nuovo paladino della libertà d’espressione, che gli consentirà d’insultare qualche insegnante transgender delle medie senza temere ritorsioni da parte della piattaforma. E per una minchiata del genere sembra dirsi disposto ad accettare ciò che, se la misura fosse stata proposta da chi non gli sta simpatico, non solo avrebbe rigettato, ma per cui si sarebbe strappato le vesti, gridando al complotto e facendo appello alla sacralità del proprio anonimato.

Non vorrei però che ci si focalizzasse su questo punto. Quanto sostengo non verte sul fatto che per scrivere una cagata sui social potremmo a breve essere costretti a fornire un documento ed altre prove che attestino la nostra vera identità; dico solo come basta poco, un appena percettibile cambio di prospettiva, per rendere accettabile, se non addirittura appetibile, qualcosa che fino al giorno prima era considerata una palese manifestazione del demonio. Poco sopra ho citato Azov, sostenuto senza riserve da coloro che si dicono di Sinistra, e che magari hanno pure speso parole di stizza nei confronti degli USA, tra uno Spritz e un Moscow Mule, quando esportava democrazia in Medioriente.

L’impressione è che l’Era dei Diritti a tutti i costi, cavallo di battaglia della Sinistra Globale™ da Obama in avanti, abbia esaurito il proprio mordente, forse perché il polo in questione ha oramai assolto alla sua funzione, non saprei. Una parte così caratterizzata, che nell’ultimo decennio si è imposta in maniera pure troppo sprezzante, finendo col destare dubbi persino in alcuni tra i suoi militanti più convinti, non è con ogni probabilità all’altezza delle sfide che attendono non tanto il mondo, dunque l’Umanità, quanto per l’appunto il Potere. Quest’ultimo, quale che sia il circolo o il consesso che lo detiene, punta sempre a plasmare chi gli è soggetto, dando a costoro quasi sempre l’illusione, che per chi gestisce è certezza, di poter plasmare persino il Reale.

Dopo due anni che rappresentano per tanti motivi un unicum nella Storia, e con la situazione di profonda instabilità che ne è seguita, rispetto alla quale la Guerra in Ucraina non è che un ulteriore elemento di destabilizzazione che Dio solo sa dove potrebbe condurci, dare per scontato che tutto, ogni singolo aspetto, sia casuale offende il buon senso e la ragione. La polarizzazione sta consentendo che sia l’uno che l’altra (il buon senso e la ragione) vengano sviliti e accantonati, impedendoci per esempio di chiederci come mai, quando non dico che la questione pandemica è risolta, ma è comunque in via di risoluzione, ecco, proprio in quel momento Putin decide di sferrare un attacco di tale portata. Se è vero, come è vero, che il Donbass è martoriato dal 2014, perché non intervenire prima? E perché invece proprio tra febbraio e marzo 2022, quando rispetto alla pandemia, per la prima volta in due anni, si assiste a un rilassamento generale (Italia esclusa, per certi versi)?

Non intendo suggerire paraculescamente alcunché, la risposta a questa domanda sfugge a me per primo. Ma se non me la ponessi nemmeno mi sembrerebbe di vivere su un altro pianeta, ed invece io è questo che abito. Chi vede in Putin e Musk dei liberatori temo incappi in un equivoco analogo a chi per oltre un decennio si è fatto turlupinare dagli epigoni del politicamente corretto, a loro volta liberatori rispetto a un mondo in cui regnava l’indifferenza quando non la violenza verso chi non rientrava in certi presunti canoni. Anche stavolta ci si fa scudo col refrain della minoranza, secondo un’accezione stavolta qualitativa più che quantitativa… banalmente, l’establishment che attualmente detterebbe l’agenda, facendo il buono e il cattivo tempo, viene percepito come soverchiante, inamovibile, poiché incistato dovunque.

Povero quel popolo che ha bisogno di liberatori, o peggio, di un liberatore. Ad inizio ‘900 furono i popoli-nazione, oggi invece è più corretto parlare di movimenti transnazionali, essenzialmente due gruppi di persone accomunate da due modi di vedere il mondo e dunque di concepire il sentiero che l’Uomo deve imboccare. Mi verrebbe da definire una parte più progressista, l’altra più conservatrice, se non fosse che anche simili definizioni ahimè si rivelino insufficienti a descrivere i rispettivi schieramenti, ad oggi inevitabilmente molto più eterogenei di quanto non potesse avvenire nel passato. D’altro canto, volendo sottoporre un ulteriore parallelo, l’attestazione di stima e affetto che sta circondando in queste settimane Musk, proclamato preventivamente il campione della libertà di parola, ricorda non troppo da lontano il Nobel per la pace a Obama, conferitogli appena diventato Presidente degli USA, nel 2009.

A quell’immotivato Nobel seguirono otto anni di guerre inutili e sanguinose, Paesi distrutti, civili uccisi, bombardamenti, attentati coi droni e via discorrendo; un’aggiunta a quanto compiuto precedentemente sotto la gestione Bush. Che all’epoca fosse un’Istituzione rinomata come quella di Stoccolma a porre il sigillo, mentre oggi sia una parte della Rete, è perfetto poiché funzionale alla diversità dei due momenti storici. A suo tempo erano le vecchie istituzioni a doversi piegare, da loro doveva passare la legittimazione di un movimento, l’imporsi di una nuova cultura. Oggi il processo funziona al contrario: tale legittimazione deve partire da chi, pur avendo incidenza ad alti livelli, si mostra palesemente in rotta con tali istituzioni soprattutto in rapporto all’ideologia di cui si fanno portavoci. Servono degli apparenti outsider, ancora meglio se facoltosi (altro elemento di continuità, a conferma che l’afflato smaccatamente capitalista, specie a livello culturale, non sia venuto affatto meno), gente che presenta sé stessa come ostile a quei centri che per un decennio si sono fatti veicolo di una cultura che a metà dell’Occidente oggi evidentemente sta stretta, per dire il meno.

Ecco perché certe idiosincrasie vengono assorbite con una facilità disarmante. Gli stessi che inneggiano a Trump, in larga parte magari anti-vax, fanno finta che l’Operazione Warp Speed sia stata avviata e promossa, nonché a tutt’oggi vantata da qualcun altro; quelli che ora guardano con gli occhi dell’amore a Musk, glissano sui non pochi progetti sopra le righe incentrati sulla tecnologia da implementare sull’uomo che, qualora realizzati, farebbero sembrare obblighi di trattamenti sanitari e pass di vario genere misure meno che primitive quanto al loro grado d’invasività — aspetto il prossimo film di Cronenberg, consapevole che probabilmente nemmeno lui si è avvicinato a come realmente si sostanzieranno certe commistioni tra corpo e tecnologia.

Per quanto fin qui esposto (e per molto altro) non mi pare dunque assurdo sostenere che di qui a breve potrebbe toccare alla Destra Globale™ proseguire la missione della Sinistra Globale™. Senz’altro attraverso un altro linguaggio, cambiando riferimenti, persino ripudiando quelli imposti negli ultimi vent’anni, se non di più. Quanto più si prenderanno le distanze da ciò che ci ha preceduto, e quanto più a ritroso si andrà nel ribaltare certi totem (ci si ribellerà alla cultura degli ultimi dieci anni? O a quella dal Dopoguerra a oggi? Oppure ancora a quella post-illuministica? Certo è che tutte sono in qualche modo legate), tanto più il salto verso il domani sarà significativo.

Una delle lezioni della Storia è che il carattere peculiare delle Rivoluzioni non è quello di distruggere e dunque far nascere alcunché; ogni Rivoluzione è intesa ad accelerare, rendere possibile un balzo che per cui diversamente ci vorrebbe molto più tempo. In assenza dell’irruzione di un simile elemento catalizzatore, probabilmente l’esito non sarebbe nemmeno concepibile, ma è altresì innegabile che, allorché il processo ha inizio, a quel punto il terreno è già stato coltivato, rivelandosi fertile.

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