Falcon Lake, commento al film di Charlotte Le Bon

L’estate, foriera di avventure, soprattutto in premessa. Dalle vacanze, quel limbo che ci vede sospesi tra un segmento di ordinarietà e l’altro, ci si aspetta sempre tanto. Immaginate un quattordicenne, Bastien (Joseph Engel), che si ritrova in stanza una ragazzina più grande di lui di appena due anni, Chloé (Sara Montpetit); a tal punto i genitori vedono nei rispettivi figli dei bambini ancora privi di malizia, verrebbe da dire quasi asessuati, ché li fanno dormire a un metro di distanza. Ed invece Falcon Lake di Charlotte Le Bon, qui al debutto, fa parecchio leva sulla sessualizzazione di questi adolescenti, alle prese con le loro prime pulsioni, forse finanche innamoramenti.

Il tutto in un contesto alquanto controllato, il che colpisce per una regista all’esordio. Non c’è infatti alcunché di eccessivo, verrebbe da dire sporco, in questa vicenda, che, come accennato, fa molta leva su una componente che mettere su schermo, specie in certi contesti, è affare non semplice. La Le Bon non tratta Bastien e Chloé come due ragazzini che si atteggiano ad adulti, quantunque a quell’età la foga nel voler bruciare le tappe sia tangibile, con tutte le ripercussioni del caso. Al contrario, viene tratteggiata in maniera persino elegante la tensione di quella fase, senza ricamarci sopra chissà cosa, quasi fosse un periodo da mitizzare, esito a cui approdano non pochi coming-of-age di questa specie.

Ciò che invece si segnala in positivo è appunto la naturalezza con cui si sviluppa ciò che lega i due giovani, qualunque cosa sia; ma soprattutto quella velata inversione delle parti, che a dire il vero non viene mai portata a compimento, sostanzialmente perché è così che deve andare. Per quasi tutto l’arco, Bastien è totalmente in balia di Chloé. In una scena, in particolare, dopo che lui ha sboccato per via di una sbronza, la ragazza lo rimette in sesto e lo infila nella vasca per fargli la doccia: si tratta di uno dei passaggi più significativi di Falcon Lake, quando, pur sapendo che i due sono pressoché coetanei, il tutto è girato in maniera tale che lei assuma una particolare aura materna, come se, improvvisamente, avesse guadagnato vent’anni nel giro di dieci minuti. Eppure la tensione sessuale non manca, sebbene in tono minore, perché lì è la prospettiva di Bastien a farla da padrone, ancora intimorito dalla figura immensa che genera Chloé ai suoi occhi.

Quando quest’ultima registra un processo di umanizzazione, che è tutto, va detto, nella testa di Bastien, allora i due si avvicinano, mentalmente, fisicamente e, verrebbe da dire, persino ad un livello ancora più elevato. A questo punto va infatti menzionata la seconda dimensione di Falcon Lake, quello strato che non si sovrappone mai, bensì si mescola, aleggia per tutto il film, venendo qua e là richiamato. Quella della Le Bon è anche una storia a tema fantasmi, nel senso di una ghost-story vera e propria. Cosa c’entri tutto ciò con quanto fin qui scritto, e come, non è certo questione che un commento al film, o recensione, dovrebbe avere l’obbligo di illustrare in toto, pena il vanificare la sorpresa, che sta essenzialmente nei dispositivi che vengono adottati, e che si attivano tutti insieme in prossimità delle battute finali. Un finale ambiguo il giusto, probabilmente meno incisivo rispetto a quanto bene la Le Bon lo prepara, ma che comunque ha il merito di chiudere bene la quadra.

Da film come questo ci si dovrebbe lasciare affascinare per via di ciò che riescono a togliere, da come riescono a mantenere costantemente lo sguardo sull’oggetto che più conta, quale che sia. Integrare una dimensione aggiunta diventa perciò un’impresa, specie se a provarci è qualcuno che si cimenta nel suo primo lavoro. E Falcon Lake corrisponde con garbo e criterio, senza sfocature degne di nota, restituendo il calore ma al contempo lo smarrimento di quei momenti così complessi e segnanti in cui per la prima volta si scopre che si può non essere soli, né che si è per forza costretti a restarci, anche se tutto sembra suggerci il contrario.

Falcon Lake (Francia/Canada, 2022), di Charlotte Le Bon. In Concorso Lungometraggi al 40° Torino Film Festival.

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